A dieci anni dalla morte di Luca Coscioni, un evento per riflettere su questioni e diritti di libertà
Facciamo un salto nel tempo, al 15 dicembre 2000. Quel giorno Luca Coscioni chiude il suo primo intervento al Comitato di Radicali Italiani (di cui poi diventa presidente) rivolgendo “un grazie alla Scienza. Che è Conoscenza. Alla Scienza. Che è Tecnologia informatica, mediante la quale, l’oceano di conoscenza e di ignoranza, di disperazione e di speranza, di amore e di odio, oceano che è in me, che è me, e che il Caso avrebbe voluto costringere al silenzio, nello spazio angusto di una bottiglia, può, invece, rifluire, seppur lentamente, verso Voi”.
Sono trascorsi sedici anni da quel giorno; dieci dalla morte di Luca, ucciso dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica, il 20 febbraio 2006. Quanti di noi, la società civile, la società politica, oggi hanno la consapevolezza per ripetere, ribadire quel “grazie” alla Scienza con la S maiuscola? Se la risposta è: pochi, allora si rende ancora più necessario nonricordare Luca Coscioni, non commemorare le sue battaglie – sarebbe come congelarle nel passato – ma prendere il suo testimone e continuare a rilanciare il suo messaggio. Luca il ricercatore universitario, Luca il maratoneta, Luca il politico radicale ci ha lasciato un testamento, o meglio, una tavola dei comandamenti che non proibiscono, ma aprono alla libertà di ricerca scientifica, ai diritti civili e umani, alla dignità nel vivere e morire, nel curarsi e nel sospendere le cure.
Luca, persona debole e limitata nel corpo, ma forte nel pensiero e nel suono metallico del suo sintetizzatore vocale si era impegnato per rimuovere le barriere ideologiche e culturali imposte alla ricerca scientifica da Governi allora come ora incapaci di comprendere le potenzialità dei progressi della scienza e della medicina; allora come ora troppo impauriti per spaccare le maggioranze sui cosiddetti temi eticamente sensibili; allora come ora troppo genuflessi al soglio pontificio.
A tal proposito non possiamo non riportare alla memoria quanto accadde nel lontano 1945, sull’altra sponda dell’Oceano: Vannevar Bush, Direttore dell’Office of Scientific Researchand Development e consigliere scientifico di Franklin D. Roosevelt inviò al Presidente degli Stati Uniti un memorandum in cui scriveva tra l’altro: ”Noi non abbiamo un programma nazionale di sviluppo scientifico. Nel nostro Paese la scienza è rimasta dietro le quinte, mentre andrebbe portata al centro dell’attenzione, perché a essa si legano le speranze per il futuro“.
Il nostro Paese, purtroppo, è ancora in ritardo rispetto a questa prerogativa. Da un lato lo Stato si conferma incapace di finanziare e valorizzare i cervelli italiani – come ribadiscono i 69 scienziati italiani che hanno firmato un appello su Nature per chiedere all’Unione Europea di “spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza” – ; dall’altro lato, tuttavia, persiste una sottovalutazione della cultura scientifica che è generatrice di benessere, prosperità, sicurezza, uguaglianza, laicità e libertà.
Eppure abbiamo una Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che prevede che “Ogni individuo ha diritto a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici” e l’articolo 33 della nostra Costituzione che ci trasmette che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. E tornano in aiuto le parole attualissime di Luca Coscioni: ”Credo che un modello democratico debba mettere al centro la libertà e la responsabilità individuale, non il paternalismo dello Stato etico e dell’etica di Stato”.
Anche per questo l’Istituto Luca Coscioni ha organizzato per lunedì 29 febbraio, presso la sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, un evento dal titolo: “Dalla Libertà di Ricerca alla Ricerca delle Libertà”: un momento di riflessione su questioni e diritti di libertà, erosi da volontà convergenti nel voler imporre divieti, proibizioni, visioni univoche, intolleranti; dai dilemmi del diritto dinanzi alle sfide delle neuroscienze al linguaggio nelle scelte di fine vita.
È indispensabile, necessario, avviare un dibattito e un confronto sui reali rapporti tra scienza, politica, mondo dell’informazione,opinione pubblica. Anche per questo,abbiamo istituito il Premio Luca Coscioni per tesi sul tema: “La comunicazione pubblica della scienza: come assicurare una corretta informazione e conoscenza scientifica”.
L’informazione ha enormi responsabilità per quello che riguarda la corretta diffusione della cultura scientifica; sempre più ci rendiamo conto come sia necessario integrare la scienza nella cultura generale di questo Paese; sempre più ci accorgiamo che dobbiamo fronteggiare un diffuso analfabetismo scientifico, favorito da un vero e proprio “marketing” pseudo-scientifico,dalla teleastensione dei palinsesti; una situazione spesso aggravata dalla palpabile impreparazione di chi impropriamente si presenta come “giornalista scientifico”.
Si tratta di sfatare credenze consolidate, di evitare le trappole di facili e interessate illusioni; c’è necessità di “luoghi” che consentano di approfondire ricerca, riflessione, quell’impegno culturale, civile e politico incarnato da Luca. Bisogna promuovere la partecipazione, favorire il dialogo tra scienziati, ricercatori, operatori dell’informazione, cittadini: solo così si sarà all’altezza delle sfide che segnano e caratterizzano la nostra epoca, riusciremo a scuotere una classe politica miope e intorpidita, diventare tutti cittadini consapevoli e non sudditi passivi. Si tratta, in sostanza, di riuscire a opporre il potere della “parola” alle parole del Potere.
Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente Istituto Luca Coscioni
Valentina Stella